Proiezioni di Eklund

Le cosiddette proiezioni di Eklund, o “a pizzicotto”, furono ideate nel 1988 per lo studio mammografico delle Mammelle portatrici di impianti protesici. Esse consistono in una proiezione Cranio-Caudale (CC) e una proiezione Medio-Latero Obliqua (MLO) in cui viene praticata la manovra di Eklund, una tecnica che prevede la dislocazione manuale della protesi mammaria in senso postero-superiore, dunque verso la Parete Toracica Anteriore, e allo stesso tempo la trazione anteriore del tessuto mammario. In questo modo l’azione compressiva interesserà unicamente il tessuto mammario e di conseguenza l’impianto protesico risulterà escluso parzialmente o totalmente dal campo di vista.

L’esecuzione delle proiezioni CC e MLO con manovra di Eklund non esclude la necessità di effettuare anche le proiezioni CC e MLO convenzionali, quindi includendo nelle immagini le protesi mammarie. Mentre le proiezioni standard meglio dimostrano il tessuto mammario inferiore e posteriore, quelle di Eklund rendono meglio analizzabile le strutture anatomiche anteriori. In sintesi, un esame mammografico a cui si sottopone una paziente con protesi mammarie prevede 8 proiezioni:

– 2 CC standard;

– 2 MLO standard;

– 2 CC di Eklund;

– 2 MLO di Eklund.

La qualità delle immagini ottenute con la manovra di Eklund si valuta in relazione alla quantità di tessuto mammario che il TSRM è riuscito a separare dalla protesi e dall’adeguatezza dell’intensità della compressione applicata. A tal proposito è utile ricordare che la compressione non deve mai essere violenta sicché esiste la possibilità di provocare la rottura dell’impianto protesico.

I rischi che derivano dall’applicazione delle proiezioni a pizzicotto riguardano, oltre che alla potenziale rottura della protesi mammaria, anche l’impatto dosimetrico dal momento che il numero di proiezioni da effettuare è raddoppiato. Al fine di contenere la dose e garantire una buona risoluzione di contrasto è sempre preferibile ricorrere alla tecnica manuale per l’impostazione dei parametri espositivi, infatti, se si utilizzasse l’AEC, a causa della lettura dell’alta densità del materiale protesico, si otterrebbero delle sovraesposizioni in corrispondenza del tessuto mammario residuo.